LA TERAPIA BIOSISTEMICA

La psicoterapia biosistemica è un approccio terapeutico a mediazione corporea che nasce dall’incontro tra teorie a base biologica e bioenergetica, e una visione sistemica delle relazioni.
Il disagio psicocorporeo è affrontato a partire dall’unità corpo-mente, laddove pensieri, azioni e sensazioni formano un sistema, la cui unità si rispecchia nell’ emozione. L’emozione è la tendenza a vivere in modo assoluto la situazione in cui si trova immerso l’individuo, il cui nucleo strutturale è dato dall’incontro di un’ideazione mentale con il vissuto corporeo (Stupiggia, 1991)

Da qui nasce la necessità di accogliere sia verbalmente che nel corpo una persona con problemi emotivi. Attraverso il ripristino dell’efflorescenza del ciclo emotivo è possibile ricondurre i sintomi patologici all’esperienza individuale. La Psicoterapia Biosistemica trae origine dalle ricerche dello psicoterapeuta americano Jerome Liss: il suo approccio terapeutico è influenzato dalla collaborazione con Henri Laborit (neurofisiologia delle emozioni), Ronald Laing (psichiatria fenomenologica) e David Boadella (modello embriologico). Laborit dimostra che un’inibizione prolungata dell’azione crea una serie di squilibri psicofisiologici inclusa la soppressione dell’adrenalina ed un anormale innalzamento dei corticosteroidi e della noradrenalina. La ricerca di Ernst Gellhorn ha dimostrato che le componenti simpatiche e parasimpatiche del sistema nervoso autonomo (SNA) devono lavorare in alternanza al fine di mantenere in salute l’organismo. Il disagio emozionale è dato proprio dalla scarica simultanea dei due sistemi. La teoria sistemica permette di integrare i processi fisiologici complessi a livelli diversi di specificità e a scoprire le loro interconnessioni con campi differenti nelle funzioni mentali: logico-verbale, immaginativo-visivo, ecc. Alla base dell’approccio biosistemico sussiste l’idea di far entrare il corpo nello studio del terapeuta, dare attenzione non solo alle sue parole ma anche al suo vissuto corporeo, che contribuisce a dare consistenza al verbale. Il corpo è inteso come l’inconscio del linguaggio, che permette alle parole di acquisire concretezza. Questo si evince anche dal bisogno che l’individuo ha di usare espressioni correnti quali “Mi sento a pezzi”, “Le tue parole hanno trafitto il mio cuore” per comunicare uno stato interno. Nella stessa componente corporea occorre tuttavia distinguere le situazioni emotive orientate all’azione e quelle in cui prevale la sensazione interna più viscerale. Il terapeuta biosistemico assume il compito di guardare e ascoltare ciò che gli porta il paziente mettendo se stesso nella condizione di sentire dentro di sé il vissuto dell’altro. Il suo consiste in un atteggiamento empatico, ciò che permette al terapeuta di immaginare e vivere dentro di sé le fantasie ed emozioni dell’altro, identificandosi in parte con lui. Il suo lavoro consiste nel dare attenzione al linguaggio corporeo dell’altro permettendogli in tal modo di ampliare e arricchire il suo vissuto. Il terapeuta biosistemico è con il paziente, non assume pertanto un atteggiamento di superiorità psicofisica dato dal suo ruolo e dallo stato di sofferenza della persona che accoglie nel suo studio, ma diventa, con il suo corpo e lo spazio mentale creato per il paziente, lo strumento stesso di terapia al servizio dell’altro. La conoscenza che il terapeuta fa della persona che riceve gli permette di fare un’ipotesi di lavoro da verificare nel tempo, che può essere arricchita o modificata a partire da quanto accade in seduta, che va discussa con il paziente, evitando di interpretare come resistenza alla guarigione i suoi disaccordi e difficoltà. L’ipotesi di lavoro ridimensiona così le ambizioni e i rischi legati alla formulazione di una diagnosi, che rischia di allontanare l’idea del paziente in quanto individuo attraverso una catalogazione, e permette di capire meglio il funzionamento dell’empatia. Il rapporto terapeutico è un viaggio nel mondo del paziente, una costante ricerca, laddove il vissuto dell’altro è colto in modo assoluto. L’empatia permette non soltanto una condivisione di idee ed emozioni, ma anche un’armonico scambio corporeo in cui sono presenti un accordo tonico nel contatto e un ritmo di voce adeguato alla circostanza, laddove viene colto l’organicità del discorso del paziente e la sua sonorità materiale, al di là del significato stesso delle parole. L’uso e l’attenzione data al corpo è ciò che permette al linguaggio di assumere espressività, laddove la centralità della comunicazione permette di lavorare sulla trasformazione organica del verbale e fa risuonare e amplificare suoni, parole e frasi. Solo in un secondo momento verrà stimolato l’aggancio del vissuto del momento creatosi in terapia lavorando sul corpo ai momenti di vita presenti o passate. Il contatto profondo ed intimo dato dal lavoro psicocorporeo permette di ampliare l’efficacia della terapia, poiché il contatto corporeo permette ai vissuti antichi, incomunicabili a parole, l’accesso a livello cosciente. Il processo ha luogo in una cornice laddove l’atteggiamento del terapeuta, attivo e partecipante, fa insieme a lui per entrare in risonanza.